lunedì 4 marzo 2013

Le carote

Riprendiamo a parlare di alimenti che troviamo nelle nostre tavole, ma che sono state a quelle dei nostri avi da tantissimo tempo.
Cercherò di parlare sempre di frutta e verdura di stagione visto che io per prima, figlia del benessere e delle tavole imbandite, faccio fatica a capire la vera ciclicità della natura: ogni giorno dell'anno, attraverso la globalizzazione, abbiamo frutta e verdura in abbondanza e senza stacco di sorta sulle nostre tavole. Invece fino a dopo la seconda guerra mondiale la natura entrava nei piatti e ne usciva anche, dando ai nostri palati e al nostro fisico differenze e qualità.

Ho deciso di parlare di carote anche un po' a caso e un po' ripensando al fatto che dall'anno scorso all'Esselunga era possibile trovare delle carote viola sconvolgendo tutti. Qualcuno ha urlato in modo forsennato alla manipolazione genetica, agli ogm, all'arroganza dell'uomo; qualcuno le ha guardate dubbiose; qualcuno come me e qualche amica le ha comprate, mangiate e gustate. E soprattutto tinte le mani. Già esse tingono come l'inchiostro. Meravigliosa cosa.

Partiamo dall'inizio e come al solito uso il libro "La cucina medievale. Lessico, storia e preparazioni" di Enrico Carnevale Schianca, come punto di riferimento e di citazioni.

Pianta delle ombrellifere di cui si mangia la radice
Nome tecnico: Daucus carota

Le varietà erano in passato varie:
viola: coltivata dai Romani nel I sec. a.C., importando i semi dall'Oriente, ma con scarsi risultati di interesse visto che si estinse presto. 
rossa: segnalata in Siria nel III-IV sec e considerata molto succulenta.
giallo-verde: conterranea e contemporanea a quella rossa.
Queste due ultime rimasero in auge per molto tempo.
Gli arabi la introducono in Spagna nel XI secolo e in Italia nel XIII secolo.
In quel periodo le varietà più diffuse furono quelle violacee, rosse e di mutanti gialle e bianche.
Quelle arancioni che tutti noi conoscono arrivano sulle nostre tavole nel XVII secolo e sono di importazione Olandese, dove vennero selezionate in onore della casa d'Orange.

Ostia antica: insegna di una taverna romana

Qualità:
la carota venne ritenuta molto diuretica e importante per la bile, ma anche afrodisiaca.

Grande diffusione:
soprattutto nel Quattrocento e nel tardo Cinquecento, ma da lì in poi fu sempre presente nelle mense di grandi e poveri.

Consumo:
raramente in insalata;
spesso in agrodolce;
famose soprattutto dal  XVI secolo in composte.

Ricette:
1) in agro dolce: cuocerle sotto le ceneri calde e poi condirle con olio, aceto e mosto cotto o sapa (di origine romana. Io la trovo all'Esselunga nella zona degli aceti e olii).

2) in insalata: Il medico genovese Ambrogio Oderico nel XVI secolo consiglia di lessarle e poi condirle con aceto, finocchio, zafferano e cinnamomo e servirle come intermezzo nelle cene invernali.

3) in composta: nel "Menagier" si puliscono, raschiano e tagliano a pezzi, cotte al dente, scolate e passate in acqua fredda e poi cotte nel miele.

Adesso provo a scartabellare negli altri libri per cercare altre ricettine carine.