lunedì 21 ottobre 2013

Con l'autunno riprendono i lavori e le ricostruzioni.

Ammetto di aver latitato questo mio bel blog per metabolizzare la fine della stagione rievocativa. Eheheheheh, come se ci fosse una fine! In realtà si sospendono le uscite, il sabato e la domenica puoi indicativamente dedicarlo a qualcosa d'altro, ma i progetti si sviluppano proprio adesso, la pianificazione del lavoro, rispondere alle domande di tutti i novizi che si vogliono preparare al meglio per il prossimo anno e soprattutto adesso si ricomincia a sperimentare, fare, brigare.

Dal lato fisico la stagione schermistica è cominciata, qualche nuovo, molte conferme. Il lavoro che ci attende è impegnativo, ma stimolante. Mentalmente sono prontissima, fisicamente un po' meno, ma da questa settimana ci rimettiamo in carreggiata.

Dal lato personale invece mi trovo a dover finire i lavori iniziati nella stagione per far vedere "come si fa". Quindi finita una passamaneria in cotone (sì, sto cedendo al cotone perché per ora è l'unico sottile che rende la tensione, però non ci capiamo ancora. Preferisco la lana), che mi portavo dietro da un po', dalla cassa salta fuori il mio telaietto rotondo non filologico con l'abbozzo di un ricamo. E' da finire. Eppure il solito imparaticcio buttato lì sul tavolo per far vedere non mi soddisfa più di tanto, ma va finito, finché non mi viene l'idea: adattare il mio lavoro all'originale da cui l'ho tratto!
Prima della nostra uscita a Bardi la dottoressa Davanzo Poli aveva condiviso sulla sua bacheca facebook (sì a volte è davvero utile) un reperto datato XIII-XIV secolo

cuscinello del sec.XIII-XIV, tela ricamata
La didascalia che la dottoressa ha messo è questa: tela di lino ricamata con seta rossa a punto incrociato e con argento filato a punto catenella.
Quindi due punti che sono in grado di riprodurre o quasi (il punto croce non è mai stato il mio forte ma si fa quel che si può), eppure quando ho stampato il foglio e ricopiato i quattro animali simbolici non ho pensato che potessi imbarcarmi in una piccola riproduzione di questo bel cuscino.
questa pagina facebook si possono vedere alcune opere di restauro sullo stesso.

dettaglio con i quattro animali.
Mi sono premunita di fotocopia a colori del dettaglio, tavolo luminoso e matita e ho ricopiato il tutto, rendendomi conto che anche in questo cosa la personalizzazione sarebbe venuta fuori. Alla fine i tratti a matita, tranne per i due colombi, era l'esito di una pessima disegnatrice/ricamatrice medievali. Ma sì! 
Forse vedendolo dal vivo la resa sarebbe migliore, ma non si può avere tutto subito. Già è stato un gran regalo che la dottoressa Davanzo Poli ce lo facesse conoscere.

Quindi:
la mia non sarà una riproduzione fedele dell'oggetto, ma una copiatura sia per dimensione che per resa.
Non avendo idea che potesse essere un lavoro interessante, sono partita con la solita tela di cotone leggera trovata all'ikea (davvero ottima per ricamare sia per colore naturale, che per tramatura fitta ma regolare, per non parlare della leggerezza ma compattezza) e con il solito filo di cotone in grosse bobine. Quindi il mio sarà un piccolo cuscino con solo un fronte ricamato. Ora devo trovare una tela valida per l'altro fronte e un interno grande giusto, se no lo riempirò di ovatta.
Alla fine sarà un piccolo cuscino con una sola parte ricamata a cui dovrò trovare uno scopo, ma ho tutto l'autunno e l'inverno per pensarci.



i due colombi sono facili e sono venuti bene, ma quel coso tipo grifone è veramente un casino.
Sono convinta che l'originale sia migliore e più definito, ma per ora non so come altro migliorarlo.

giovedì 12 settembre 2013

Il duecentesco contro il quattrocentesco si piega ma non si spezza: Mantova Medievale 2013

Anche quest'anno la stagione raggiunge la sua fine, o quasi, con un evento a me molto caro: Mantova Medievale. Come ho potuto dire anche l'anno scorso, o forse no, noi come Mansio Templi Parmensis c'entriamo come i cavoli a merenda, visto che l'evento è fine 1300 inizio 1400, ma con gli organizzatori (il gruppo "Compagnia della Rosa a.d. 1403") c'è una bella intesa e quindi è bello essere confermati anno dopo anno, perché la stima c'è e l'amicizia pure.
Quest'anno poi orfano di La Barben (saltata per motivi organizzativi), le aspettative erano alte: avevo voglia di fare una bella rievocazione, di potermi godere lo scenario e la compagnia e poi dare durissimo in battaglia!
Mamma smettila di leggere che poi mi picchi! ahahahahah

Perché Mantova Medievale è anche il luogo dei "paparazzi" e a volte ti prendono alla sprovvista e vien fuori la tranquillità di quello che sei a discapito di tutto e tutti.
Alla fine questa battaglia è l'unica che ci mette davvero alla prova e ci costringe a mettere in atto tutto l'allenamento schermistico dell'anno. Perché Mantova e non nelle altre? Ma, forse è il periodo rievocato o forse i rievocatori presenti, comunque sia lì si picchia duro e onesto.
Regola dei quattrocenteschi: picchia e prendine finché non sei stanco.
Regola dei duecenteschi: vai giù dopo un po' di colpi in base all'armatura che hai.
Beh, bella differenza di mentalità, non credete?
Un quattrocentesco di media è più bardato, ma non è detto; più grosso e più alto; e per loro noi siamo fanti leggeri (rabbia!), ma alla fine anno dopo anno, battaglia dopo battaglia, incontrandosi ogni anno sullo stesso campo verde, beh ci siamo ben guadagnati il rispetto che abbiamo ricevuto.
Non siamo partiti con l'intenzione di fare i bravi scolaretti e diventare i primi della classe. Ogni volta Mantova ci ha messo di fronte alle nostre difficoltà, ci ha spronato a capire dove migliorare, ci ha aperto nuove possibilità di sperimentazione, ci ha visto applicare tutte le teorie pensate davanti a una birra e provate negli stage. Mantova è il nostro personalissimo laboratorio schermistico.

I capitani e gli stendardi alla presentazione del nemico.
I primi anni, in cui vi ho partecipato, ho avuto serie difficoltà in battaglia sia per la presenza di alcuni esagerati che pensavano seriamente di essere a Battle of the Nation, ma anche per la mia impreparazione, dopo è stato un puro divertimento e a questo giro mi sono guadagnata i gradi. Ho guadagnato il rispetto di tutti quegli omoni piastrati che se le danno e poi ridono e poi vanno a bere una birra insieme. Ho guadagnato i sorrisi, le pacche virili e i gentili apprezzamenti per la mia salute.
Perché a questo giro ho vinto io l'ambulanza dopo la battaglia della domenica e ho rischiato di lasciarci un pezzo di me.

Andiamo con ordine.
Di solito le battaglie sono preordinate: si sa chi vince, o meglio si sa quale schieramento vince. Tu sei lì pronto solo a divertirti e a decidere se devi morire te o l'altro al di là delle reciproche capacità. Vabbè, a volte ti diverti lo stesso (come appunto a La Barben), a volte fai solo il tuo compitino anche se lo fai bene e ti diverti con quelli del tuo schieramento. Anche qui è stata fino all'anno scorso così, anche se la regola quattrocentesca di prenderne quante ne vuoi, muove un po' la durata del tutto. Questa volta siamo andati in libera, o meglio, avrebbe dovuto essere pari e patta, ma...ecco...ci siamo fatti prendere dalla foga, dal divertimento, dai fisici che reggevano e dalla voglia di divertirsi. Quindi complice anche mio fratello (che comandava uno dei reparti del nostro schieramento. Per la serie "non c'entriamo niente e cerchiamo di mischiarci nella folla"), siamo andati alla morte: invece che 3 salve di frecce e 3 scontri, siamo arrivati a 5 salve e 7 cariche. Sfiancati, coi polmoni fischianti e i muscoli doloranti vince il nostro schieramento.

Lo scontro dei muri di scudi.
C'è un secondo in cui il tempo si ferma, poi le forze prendono il sopravvento e tutto prende inizio.
Saetta si è dimostrato un pilastro della prima linea, anche se ancora sfugge e gli devo urlare di tornare indietro, ma ha sfiancato un sacco di gente. Mario veloce ha veramente infastidito tutti, correndo da una parte all'altra dello schieramento avversario. Io ho tenuto, come una seconda linea, posizione. Non so come ho fatto ma puntellavo Saetta e lui, che forzava come chissà, rimaneva al suo posto. Brava puntello! Testa bassa e spingere come se non ci fosse un domani. Poi essendo piccola la terza linea poteva picchiare gli altri. Quando c'era bisogno poi picchiavo anche io.

La mia fatica e il dolore per un piede dolorante (a sto giro davvero mi hanno massacrato, ma io ho continuato).
Sembro arrabbiata, ma non è vero. Ero strafelice di come andava, ma sentivo dolore ovunque.
La battaglia del sabato ci vede uscire esaltati e contenti, ma ci sfianca. Alle 23 eravamo già tutti a letto. In 4 non si può chiedere di più: sveglia presto, montaggio campo e battaglia epica.
E' bello andare a letto con la consapevolezza che te lo sei meritato e che la stanchezza vedrà il coma del sonno beato.

La domenica vede l'alzata presto per le riprese rai, ma poi tanto riposo. Poco da fare, clima meraviglioso e riposo per la seconda battaglia. Ci raggiunge il resto del gruppo: da 4 passiamo a 16 e il divertimento aumenta. Anche gli altri gruppi vengono raggiunti dai ritardatari e le fila degli accampamenti si ingrossano.

Il nostro schieramento. Le araldiche diventano fondamentali nella mischia.
 Bisogna che le impari meglio la prossima volta.
Questa volta sappiamo che è in libera, anche se ci hanno detto che sarà pari e patta. Ci prepariamo, ma anche loro sono pronti e lo sentiamo tutti.
Fanno una tecnica geniale: impattano, tengono il muro di scudi e poi d'improvviso cedono e noi ci sfaldiamo e ci picchiano. Così un paio di volte, ma oramai lo abbiamo capito e siamo pronti. Di fronte a me, o meglio a Saetta, ci sono un paio di giganti. Per me sono tutti alti, e non mi preoccupo. Ripeto gli ordini, mi guardo attorno e a tempo debito puntello. Tengo. Resisto e poi un fortissimo SDENG! in testa. Vedo nero. Un passo indietro, in mezzo alla mischia, è questione di un paio di secondi. Il naso non sanguina anche se sente la botta. Decido di continuare a combattere. Questa volta non cedo. Non voglio. Non lo permetto. 
Altri scontri e poi vengo atterrata. Vabbè, ho dato tutto quello che potevo. 
Tolgo l'elmo e vedo il sangue. Con la mano controllo il naso ed è solo un graffio. Per precauzione non faccio il morto sdraiato, ma il moribondo seduto. Mi godo la scena finale a pochi passi da me.
Il capitano dello schieramento avversario si avvicina al nostro, Giorgio degli Squarzacoje, e gli intima la resa. Il nostro gli rende gli onori e l'avversario lo alza e gli rende gli onori. Emozione. Da groppo in gola.

Ecco il momento della resa. Emozione.
A destra mi si intravede, mentre cerco di riprendere fiato.
"Si alzino i morti!" La battaglia è finita. Sono ancora un po' rintronata, ma credo che sia normale. Un armigero mi guarda e si spaventa: "Ti aiuto ad alzarti, seri ferita". "Ma no è solo un graffio." E mi aiuta ad alzarmi, penso che sia solo galanteria, non penso ad altro. Mi aiuta a trovare i miei e mio fratello mi guarda e mi dice "E' storto." Il naso. Ora ho capito che qualcosa non è come al solito. Chiamano i paramedici e mi visitano. L'adrenalina inizia a scendere, inizia il dolore, ma non vedendomi non capisco, però va tutto bene e tempo mezz'ora torno al campo con il ghiaccio sul naso. Tutti, fra i campi, preoccupati chiedono. Io rido " Se non volevo farmi male, stavo a ricamare al campo!" E giù tutti a condividere. Faccio parte del gruppo. L'adrenalina scende ancora e non riesco a dare una mano a smontare il campo come vorrei e inizio a subire il vento freddo (ma solo io lo sento così?) che si è alzato dal lago. Forse è peggio di quello che pensassi, ma che importa mi sono divertita.

La visita medica del martedì conferma quello che vedevo allo specchio: ho storto l'osso nasale, non rotto. Il naso è gonfio e dolorante, ma passerà; la stortura non si sa. Pazienza. Si vede che non basta un quattrocentesco per rompermi davvero.

Ho vinto la mia Mantova Medievale e ho fatto il salto di qualità. Mi è andata bene, ma se ci penso la cosa mi galvanizza e basta. Penserete che io sia folle, ma credo di aver capito ancora di più qualcosa di me e questo mi rende fiera di me. Il resto non conta. Il resto si aggiusta, a Dio piacendo.

venerdì 26 luglio 2013

Bardi: un giorno da medievale. Tanta didattica a ritmo continuo

Dopo qualche giorno dall'evento, posso dire che ne siamo usciti splendidamente vivi. 
L'evento di Bardi è stato impegnativo, stimolante e faticoso. Mentre a giugno eravamo relativamente in pochi (solo la Mansio Templi Parmensis e pochi amici di altri gruppi) e poco si poteva allestire, ma splendidamente abbiamo fatto tutto, questa volta eravamo in tanti, più gruppi (Grifoni Rantolanti, Militia Sancti Micheli, Civitas Zumellarum, La Compagnia della Rosa) e poche teste pensanti (non che le altre non lo siano, ma i coordinatori devono essere per forza pochi se no è il caos).
Ricostruire l'interno di un castello medievale è il sogno di moltissimi rievocatori del periodo non solo perché con l'età la voglia di stare alle intemperie scema, ma anche perché un castello ti permette di fare e ricostruire cose e situazioni che non sono fattibili in campo.
Prima di tutto le botteghe, le stanze, la cucina attrezzata; poi i vari amministratori, ufficiali, mercanti o semplici uomini e donne. Ti si apre un mondo di possibilità che sarebbe veramente bello poter cogliere al balzo, e mentre noi rievocatori siamo pronti e desiderosi, ci chiediamo se lo siano anche i veri amministratori di questo nostro patrimonio artistico così ampio.

Come sapete il mio pallino è la divulgazione, soprattutto in ottica diversa, moderna, fruibile, ma storicamente corretta e questo evento è stato davvero questo. Non mi lodo e non mi imbrodo, come si suol dire, ma lo abbiamo visto nell'affluenza (considerando che c'era da pagare un biglietto d'ingresso); dalle persone che si sono fermate a vedere, a chiedere, a curiosare; dai bambini che al massimo sbuffavano per andare a vedere altre cose nel castello oppure che tornavano anche da me per farsi insegnare qualcosa, per imparare; dalle mamme che chiedevano chi siamo, cosa facevamo e che, sì!, ci avrebbero fatto pubblicità anche nelle scuole. Quando sei in rievocazione hai un pubblico vario e molto spesso svagato, ma a Bardi c'è stato qualcosa che ci ha stupiti e stimolati tutti.

Ognuno di noi aveva la sua stanza che condivideva con un compagno di lavoro in modo che non fosse da solo e in caso di bisogno, o di turno cibo, la stanza non venisse abbandonata. Io per la seconda volta ho potuto allestire un'ipotetica bottega da sartoria. Al di là che per tutta una serie di cose non abbiamo ancora gli arredi storicamente corretti (ma incrociate le dita perché se le amministrazioni capiscono...) e quindi abbiamo fatto quello che si poteva con quel che si aveva; al di là che la nostra filosofia non sia quella di fare un modellino ma di cercare di personalizzare nei limiti dei possibili per rifar rivivere non il personaggio medio medievale, devo dire che la stanza faceva il suo effetto di verosimiglianza. 

Ecco quindi la bottega della moglie di un sarto in ascesa economica.
Vestiti sparsi, oggetti, stoffe su panche, appese ai muri, sui tavoli per far vedere al compratore tutto quello che può offrire.


Essere pronta a qualsiasi richiesta

o semplicemente dedicarsi a progetti e lavori che poi arricchiranno le case dei nobili.



Ricostruire questo ipotetico personaggio mi ha permesso di poter spiegare in modo più ampio, tridimensionale la vita che girava attorno a un semplice abito: la lavorazione delle stoffe, la tintura, il significato dei colori, l'importanza del racconto che si ricama, del lavoro dell'apprendistato e delle donne, della vita dei mercanti (e poi non c'era tempo per parlare delle corporazioni e della politica).
Vedere che negli occhi della gente quella stanza raccontava un mondo vivo, fatto di persone e di fatica e non un semplice compendio di date e di numeri, è stato per me un fatto nuovo.

La didattica "libera" si è svolta tutto il giorno a ritmo continuo lasciando che le persone entrassero ed uscissero dalle stanze incuriositi. Chiacchierare di Storia partendo da un abito e da una semplice domanda permette di seguire il flusso di pensiero della gente che magari la Storia l'ha solo studiata sui libri e nessuno gliela ha fatta amare.


Visita guidata al castello con doppia spiegazione: una guida per il castello e noi tutti per i dettagli di vita quotidiana. La gente era così numerosa che nel pomeriggio abbiamo dovuto separarla in due gruppi.
La cosa difficile è che in 5 minuti bisogna dare loro nozioni e stimolarli a volerne sapere di più.

Vedere che le bambine, quelle stesse bambine che nella loro vita giocano cantano urlano e si fanno belle come le loro compagne, rimangono affascinate dal ricamo (e proprio da me, a cui non mi sarei mai data così credito) e vogliono imparare, capire, vedere, provare anche se hanno paura dell'ago.

Telaio tondo piccolo, non filologico, ma utilissimo per poter far capire meglio alle bambine come si lavora.

Vedere i bambini affascinati mentre gli spiego perché sto ricamando un bestiario, che cosa sia un bestiario e vedere che anche loro come i nostri avi hanno gli occhi che si illuminano a pensare che potrebbero incontrare un drago (anzi che un dinosauro è un po' un drago), che potrebbero andare a caccia dell'unicorno e che la balena è un grosso pesce (anche se sanno benissimo che è un mammifero, anche se i più piccoli non riescono a dire "cetaceo") e che potrebbe portarli in giro per il mare.



La giornata è stata fisicamente stancante, ma emotivamente e mentalmente stimolante.
Ringrazio tutto il mio gruppo che dopo tanti anni di convivenza ragiona come un sol corpo in cui ognuno di noi è un elemento: funzioniamo insieme, ragioniamo nella stessa direzione, ma ognuno sa cosa deve fare. Abbiamo fatto un ottimo lavoro che è solo la prima pietra, speriamo. Grazie.
Ringrazio tutti gli altri rievocatori, gli Amici che la Storia ha unito, per aver appoggiato il nostro progetto e per averci partecipato con entusiasmo e attenzione.
Grazie al castello con il suo fantasma silente, con la cooperativa Parmigianino e con il comune e i vigili per i permessi (autorizzazioni, permessi transito, palestra) per averci permesso di realizzare un piccolo sogno.
E in fine un grazie ai fotografi Marco Elli, Luca Verzeroli, Roberto Fusconi e Monia Boscolo a cui abbiamo chiesto l'immane compito di documentare tutto quello che facevamo, di vederlo attraverso i loro occhi e di poterlo raccontare a voi anche con le immagini.

lunedì 1 luglio 2013

Cosa non si fa per la cultura.

Adoro questo modo di fare pubblicità per la cultura, e nello specifico per un museo e la sua riapertura.


Cosa non darei per poter fare la stessa cosa anche in Italia, anche come una semplice spettatrice!
Ma qui bisogna che tutto passi per la burocrazia, i parrucconi e le vecchie idee; una cosa del genere come minimo vede l'intervento delle forze armate e di sconosciuti enti per i consumatori perché magari la vecchina si è spaventata oppure l'ignorante non l'ha capito.
Vabbè, non mi deprimo e mi riguardo il filmato e sogno di poter vivere in un paese civile e amante della cultura.

giovedì 27 giugno 2013

Il mercato degli schiavi ad Aquileia

Facciamo un salto indietro di quasi mille anni o più e raccontiamo un momento di vita quotidiana dell'Antica Roma: il mercato degli schiavi.
La schiavitù nel mondo antico era una forza lavoro a quasi costo gratuito, dico quasi perché anche se non gli si dava uno stipendio comunque bisognava garantire vitto e alloggio.
Le condizioni di vita di uno schiavo variavano dal ruolo che lo stesso ricopriva e anche dalla magnanimità del padrone, ma ricordiamo che mentre lo schiavo che compiva un delitto contro il padrone veniva come minimo marchiato a fuoco e come massimo condannato a morte, il contrario era punito con una pena pecuniaria.
Lo schiavo rientrava per il diritto romano nel novero delle cose, o meglio nel novero delle cose con parola: instrumentum vocale.
Quando lo studiai per l'esame di storia romana mi rimase impresso nel cervello questo termine, perché denota uno spregio totale per la vita umana in quel momento, per la vita umana del singolo.
Sottolineo del singolo perché al contrario di quello che capitava nelle altre civiltà (per quello che ho studiato) nel mondo romano non solo era possibili l'affrancatura, ma anche una volta libero la scalata sociale.
Certo, il nome aveva un valore, la per fortuna per la società romana la meritocrazia (e a volte anche il peso del borsellino) aveva un valore doppio e magari un uomo diventato liberto (cioè ex schiavo, anzi uno schiavo affrancato dal padrone) poteva sperare per i propri figli o anche per i propri nipoti magari anche un posto di rilievo e di potere (se pensiamo al potere che avevano i liberti dell'imperatore Claudio).

Partendo da questa premessa, mi permetto di raccontarvi la prova generale messa in scena a "Tempora- Aquileia" che si è svolta nel fine settimana passato.
Fra un caldo afoso (ma l'aria tirava ovunque, tranne nel campo romano. I soliti celti "raccomandati" stavano benissimo! Uffa!) e sabbia sabbia sabbia sabbia (che ho portato a casa a chili), si è svolto un bell'evento di rievocazione romana e celta, un modo per raccontare la storia di una cittadina di provincia che tante ne vide nel correre della Storia.
Col mio gruppo romano Vicus Italicus ci stiamo occupando di rifar vivere la vita civile romana, proponendo non solo tanta didattica e laboratori per i bambini, ma anche momenti di ricostruzione di vita quotidiana cittadina.
Quale miglior cosa se non il mercato degli schiavi?

Ammetto che la cosa mi è interessata da quando, lasciandomi alle spalle un gruppo di rievocazione romana e tutti i ricordi, tagliandomi i capelli cortissimi, non mi è stato più possibile interpretare una matrona o una domina romana. Mi direte "metti dei capelli posticci", ma io rispondo e faccio "meglio far la schiava" e quindi rifaccio abiti e situazioni, mi "vendo" a Caeco ("Fabio è vero che non rompi le scatole?" "Eh???" "Se mi vendo a te." "Cosa?" "Io mi vendo a te, tu non rompi le scatole così io non sono costretta a farti del male." "Ci sto:" "Fatta!" Beh è andata più o meno così la mia vendita seduti su una panchina in mezzo al Vicus con gli altri che ridevano) e studio un po' le cose. Con calma perché comunque il medioevo incalza, la fatica anche, la scherma tanta e la distrazione regna sovrana. 
Occorre la presenza della Cinzia a farmi ricordare che io viaggio su altri ritmi o meglio che lei corre come una centrometrista e io devo prendere la macchina per starle dietro.

Per Aquileia non mi dice nulla, ne avevamo parlato del progetto, ma speravo di pianificarlo meglio (sì lo so sono piedi di piombo, ma sono anche una perfezionista), mentre lei mi ha proprio buttato nella mischia e nel giro di due giorni abbiamo pianificato la cosa, fra sabbia caldo e qualche didattica.


E così domenica pomeriggio dopo aver mobilitato tanti gruppi chiedendo a destra e a manca chi di loro si prestasse a farsi vendere come schiavo o a comprare come padrone, mettendo in mano microfono prima a me per una minima didattica e poi a Dario Battaglia per fare il banditore abbiamo fatto un gran bel mercato degli schiavi.

Mentre io mi imbarazzo a fare didattica con il microfono e taglio la cosa in modo velocissimo, alle mie spalle gli schiavi stanno subendo la prima esamina da parte dei compratori e il banditore sovraintende alla cosa in modo che non vengano rovinati gli schiavi stessi.
dettaglio dei compratori che controllano la merce.
Il banditore spiega ai compratori le caratteristiche degli schiavi e aspetta le loro proposte. Come potete notare abbiamo anche coinvolto persone del pubblico fra i compratori. Un plauso a loro che si sono ben buttati in questa avventura.
Il lanista sceglie gli uomini da allenare e combattere per i ludi gladiatori...
...e a sorpresa compra anche me! Non sa cosa gli aspetta. Non vede la posizione strafottente? Se  pensa di potermi piegare, povero lui!
dettaglio delle schiave: origini e costumi diversi.
dettagli: schiavo numida e madre e figlio schiavi.
Per fortuna il bambino è stato comprato insieme alla madre, ma in antichità non era detto.
Ringraziamo il giovane del pubblico che ha comprato madre e figlio, anzi, come ha detto lui "donna con figlio in allegato". 



Un ringraziamento a tutto il Vicus per il sostegno e la follia, ad Ars Dimicandi per aver partecipato in forze alla cosa, al gruppo V.I.R di rievocazione romana, ai gruppi celti che si sono prestati.
Questo è il primo passo, ho già in mente cose, oggetti, scene che renderanno ancor meglio la cosa.
Grazie al caterpillar Cinzia per aver gestito tutto, ma tranqui ora so cosa devo fare. 



martedì 25 giugno 2013

Il mio abito duecentesco

Ricostruire significa capire, vedere, provare, sbagliare.
Ricostruire significa anche innamorarsi di un particolare e volerlo fare proprio, magari non un semplice modellino, ma una versione personalizzata.

Uno dei punti di riferimento di moltissimi rievocatori duecenteschi è la Bibbia Maciejowski, manoscritto francese del 1250 di una importanza fondamentale per le scritte in 5 lingue, ma soprattutto per tutta una serie di dettagli di abiti, oggetti, armi e armature che pochi altri manoscritti hanno.
Di certo questo manoscritto non è la prova lampante che tutta Europa avesse gli stessi oggetti e abiti, ma di certo è il miglior esempio per ricostruire un periodo e una regione, ma anche per partire per ragionare anche sulle altre regioni.
Per questa ragione essendo la Mansio Templi Parmensis sì un gruppo di templari e famiglia templare di origine italiana, ma come si evince dall'ordine stesso non monolitica né nello spazio né nella composizione delle persone che ve ne fanno parte. Quindi prima che qualcuno protesti e metta il ditino dove non dovrebbe, il nostro ragionamento di gruppo e di ricostruzione ci ha permesso di integrare la specificità italica del nord con elementi della Terrasanta (visto che nello specifico il gruppo rievoca la vita proprio in quelle zone) con presenze europee varie ed eventuali.
Ecco perché il mio abito da civile proviene proprio dalla Bibbia in questione.


Nello specifico di questa immagine è l'abito centrale, quello con guarnacca azzurra con abito bianco sotto, ma soprattutto con le maniche aperte e lasciate cadere dietro le spalle per poter lavorar meglio.



Ed ecco la mia ricostruzione. 
Un grazie a tutti i fotografi che mi hanno permesso di farvi vedere il mio lavoro (nell'auto scatto ancora non sono brava) durante la manifestazione "Assedio di Brescia A.D. 1238".

foto di Luca Verzeroli

foto di Luca Verzeroli
foto di Riccardo di Filippo
La scelta di questo tipo di abito, fra tutti quelli mostrati nel manoscritto, è dovuta essenzialmente al ruolo che ricopro nel gruppo. Non sono una nobildonna, ma faccio parte della famiglia del Tempio e quindi lavoro per esso pur non essendo di basso rango.

giovedì 20 giugno 2013

Fratelli in copertina

Post auto celebrativo che scrivo ridendo, ve lo dico.
Questo perché, malgrado mi renda conto che 11 anni di rievocazione e di studi e ricostruzioni abbiano diritto di ottenere riconoscimento pubblico, mi sembra molto strano quello che è successo nell'ultimo mese.
Ma andiamo con ordine inverso.

Il primo fine settimana di maggio siamo andati a Bardi per fare le foto con Balossini (e ve ne avevo anche già parlato con tanto di pubblicazione di foto e post emotivo sul gruppo) e la vera motivazione era aiutarlo per fare un servizio fotografico ad uso e consumo di Focus: di certo per la copertina e poi chissà.
Abbiamo fatto e rifatto le stesse inquadrature con diversi di noi (tutti i ragazzi ovvio, perché quando si parla di crociate, templari e compagnia cantante il mondo era solo maschile. Vabbè la polemica la posticipo a data da destinarsi), divertendoci malgrado la fatica, perché tutto è stato molto leggero e c'era anche molto spazio per fare battute e prenderci in giro. Alla fine della sessione fotografica ci siamo lasciati con il dubbio e con la scommessa che chi sarebbe andato a finire in copertina o pagava da bere a tutti oppure gli si offriva da bere ma lo si prendeva in giro per un anno (che poi un anno per noi è sempre una presa in giro bonaria per mille anni!).
Ieri finalmente il responso!
And the winner is...mio fratello! Il Maresciallo del gruppo.

http://www.focus.it/edicola/focus-storia/81_70891_C42.aspx

Grande, grosso e cattivo, con lo sguardo penetrante e che sembra dire "Attento che arrivo!".
Come al solito viene bene in foto e vestito da templare rende benissimo. Negli archivi Mansio ho un sacco di foto sue fatte dai fotografi più disparati e viene sempre bene. 
Mentre io ho sempre facce assurde ed espressioni da cartone animato (ma perché poi?) lui è sempre bello e affascinante. Uffa che noia! 
Che volete farci lui è fotogenico e io molto di meno, ma molto di meno.
Comunque vi consiglio di andare in edicola e prendere Focus perché la foto merita davvero (gli articoli non so perché non li ho ancora letti, ma sembrano mediamente normali per una rivista non per specialisti) e dentro c'è un'altra foto di mio fratello.

Ora però tocca a me e malgrado la notizia sia uscita prima della rivista, il libro uscirà a luglio. 
Grazie all'amicizia con Enzo Valentini ho "permesso" (mi fa piacere lo ammetto) che usasse una foto di Balossini (sempre lui!) fattami a Mantova l'anno scorso, per la copertina di un libro sugli abiti medievali.

http://www.penneepapiri.it/home.html
Sono perfezionista e ipercritica su di me, ma quando ho visto questa foto me ne sono innamorata.
Sinceramente avrei preferito che io fossi meno in prima piano (scusa Enzo, ma capiscimi) perché si vedeva di meno il broncio mentre ricamo e litigo con il filo e perché si vedeva di più la tenda, ma se l'editore ha scelto così mi inchino alle sue scelte.
Con il senno di poi avrei messo l'abito in altra maniera perché non si vede che ci sono le maniche aperte come è riprodotto nella Bibbia Maciejowski, ma va bene lo stesso.
Ora non vedo l'ora di averlo fra le mani per poter ridere come una scema come faccio ogni volta che vedo questa foto.

Ritornando seri sia io che mio fratello abbiamo riconosciuto, fra le risa e il piacere di essere in copertina, che senza il lavoro di gruppo con la Mansio Templi Parmensis non saremmo qua e che con tutti loro va condiviso l'orgoglio e la gioia di questi piccoli risultati. Grazie ragazzi perché tutta la fatica fatta insieme sta dando buoni frutti per tutti, perché dietro a un abito, una tenda, una ricostruzione ci siamo tutti, con le proprie capacità personali, fra sbuffi e condivisioni.

mercoledì 22 maggio 2013

Alla ricerca del graal

Volenti o nolenti se ti occupi di templari alla fine devi affrontare il problema esoterismo.
O lo eviti e lo minimizzi, raccontando la storia della religione nel medioevo e in cinque minuti hai mandato a gambe all'aria tante teorie balzane; oppure decidi di leggere i libri che hanno dato adito a quelle teorie balzane e li affronti armato di tutto punto.
Io, dopo aver seguito per anni la sola prima via, dall'altro giorno ho deciso di affrontare anche la seconda via e ho incominciato a leggere il famigerato...



la bibbia per tutti i conoscitori della "verità"!

Ora non pensiate che io l'abbia ardentemente comprato in libreria, ma dopo qualche anno di vaghe ricerche l'ho trovato a 2 euro alla libreria Libraccio a Milano. Vabbè tutto, ma 17 euro a un libro del genere non glieli do!
Premetto, e faccio mea culpa, che mi sono letta "Il Codice da Vinci" di Dan Brown e credo che i miei vicini ricordino ancora con terrore le mie urla e improperi che nemmeno Sgarbi sarebbe in grado di produrre.
Mi chiederete perché lo stia leggendo se so che mi farà arrabbiare e vi rispondo come ho risposto ad Enzo Valentini di "Penne & Papiri" a questa sua domanda:

Domande sul perché ti incaponisci a leggerlo: [A] sei una lettrice onnivora - [B] te l'ha ordinato il medico - [C] soffri d'insonnia - [D] sei caduta in depressione - [E] non so - [F] non ho capito la domanda. Barrare la casella che interessa.

Io:
[G] conosci il tuo nemico e distruggilo davanti a tutti.

Armata di santa pazienza ho iniziato la lettura e questo è il risultato al terzo capitolo, quello sui templari

le frecce nere servono a indicare le correzioni e i commenti che io ho fatto in sole due pagine


Non ho mai scritto su un libro che non sia per esami universitari, nè tanto meno mi sono mai permessa di correggerlo, ma questo libro in 60 pagine è così tanto infarcito di errori, fonti non citate, inesattezze, paragoni azzardati, passaggi di palo in frasca senza senso che non so come faccia certa gente a chiamarlo "libro di Storia".
Posso accettare che molti libri specifici e risolutivi per dare spiegazione sui dettagli della Storia dei templari siano usciti ultimamente (quelli della Frale e della Cerrini tanto per citarne due), ma il fondamentale di Demurger più altri libri di altri autori (Barber, Bordonove, Pernaud) erano già sulla scena libraria e accademica, ben fruibili, nel 1982 quando questo libro venne pubblicato. Mettiamo anche il caso che non fossero proprio abbordabili, ma con il tempo si può fare un'edizione riveduta e corretta. Ah, no, qui è chiedere troppo...scusate.

Quindi da oggi in poi mi seguirete in questo mio cammino alla ricerca del graal (grafia minuscola corretta, visto che così la scrivevano nei romanzi medievali) e soprattutto nella distruzione di alcuni falsi miti o falsi libri.

Partiamo dalla prima e più palese per chiunque bazzichi, in un modo o nell'altro, con i veri libri di storia: citazione di fonti.
Il libro è pieno di "si dice", "narrano", note con segnalazione di "fonte non attestata"; oppure "Tizio (inteso come cronista) riferisce che" e poi totale assenza nelle note della citazione del libro e della pagina. Già questo squalificherebbe qualunque libro di Storia. Anche le note bibliografiche non dicono niente di più.
Per qualsiasi genere di libro di storia le note e le citazioni precise sono fondamentali per permettere non solo a chiunque di leggerle a propria volta, ma anche per avere la conferma della giusta interpretazione.
Forse è qui una chiave di lettura di questo libro: non voler essere smentito per aver letto una fonte in modo non corretta (magari estrapolandola e fidandosi di una lettura posteriore e non diretta).

Vabbè, qui siamo all'inizio.
Vi terrò aggiornati.
Non cerco il graal, sappiatelo. So già dove sta e dove deve stare.

lunedì 20 maggio 2013

Un immagine mille racconti

Oggi mi sono trovata nella mia bacheca Pinterest questa stupenda immagine e oltre ad averla notata, salvata e cercato di valutarla,  mi è sovvenuta una riflessione così, molto generale (volutamente) e applicabile a tutte le fonti iconografiche.
Come al solito.

Questa è l'immagine:
tratto dal Psalter, Flanders, ca.1250.
Potete trovare un po' di informazioni e immagini a questa pagina

Un immagine del genere ha molte soluzioni di lettura e soprattutto molti racconti.

Prima: Utilizzo.
Non è una cosa da poco che la miniatura sia un salterio o su un manoscritto.
Qui si racconta del committente (un anonimo patrono della diocesi di Tournai) che aveva però la conoscenza e la sapienza per richiedere e riconoscere la meraviglia di certe immagini.
Un appassionato di manufatti troverebbe già solo questo aspetto interessante.

Seconda: Supporto.
Pergamena.
Ci parla della preziosità del libro, dell'opera di lavoro che c'è dietro la costruzione dello stesso; la spesa; gli animali usati; quante persone ci lavorano.
Qui più figure di appassionati potrebbero essere interessate: esperto di manufatti, artigiano del libro e forse anche qualche appassionato di storia degli animali.


Terza: Tecnica:
La scelta della pittura, della miniatura, dei colori rivela una perizia e una tecnica particolari che coinvolge la tintura, la costruzione degli inchiostri, l'applicazione di essi e della foglia d'oro, la perizia tecnica del disegno e lo stile dello stesso.
Artisti e artigiani si soffermerebbero a discernere ogni singolo componente, volendo anche ricrearne le tecniche.


Quarto: La scrittura
Anche se per poco quest'immagine rivela il tipo di scrittura in uso all'epoca. Colore, forma, stile rivelano non solo la perizia tecnica, ma anche l'area geografica dell'amanuense e la politica dell'epoca.
Un calligrafico e uno storico della scrittura potrebbero già ricavare da quelle poche lettere molto più di quello che io potrei dire.


Quinto: Araldica
I simboli della gualdrappa del cavallo, con i relativi colori oro e bianco (che da quel che ricordo non dovrebbero stare insieme), potrebbero raccontare una storia tutta loro.


Quinto: Falconeria
Il nostro cavaliere porta sulla mano sinistra guantata un falco.
Un falconiere riuscirebbe facilmente a leggere la specie del volatile e la modalità di addestramento dello stesso (si intravedono i sottili fili che lo tenevano buono).


Sesto: Cavallo
Per quanto un'immagine debba essere sempre guardata con occhio critico e mai presa per oro colato (considerando che non solo la mano del pittore ha un suo valore, ma anche che la pittura non è una fotografia e che a volte vuole dimostrare qualcosa più che raccontare fedelmente quello che vede), forse un appassionato di cavalli potrebbe riconoscere quello che viene cavalcato e potrebbe raccontarci la specie, l'addestramento, la provenienza, magari anche gli incroci che può aver avuto.
E anche come si cavalcava a quel tempo.


Settimo: Vestiti
Uno studioso della moda, un ricostruttore storico vedrebbero negli abiti la scelta del colore, il taglio della stoffa per la confezione degli stessi, l'uso dei singoli indumenti, la comodità o la scomodità (sempre in paragone moderno).


Ottavo: Flora
Anche qui si cammina sul limitare del vero e del simbolico, ma non è detto che da una miniatura non si possa ricavare una specie veramente esistente.



Nono: Anatomia
In questa miniatura è veramente difficile, anche perché per molto tempo non c'era attenzione alla fisicità realistica delle persone (in certi momenti della storia c'è anche una difficoltà a distinguere uomini e donne se si eliminano certi accennati aspetti sessuali), ma in certe sculture greche e romane questo è facilissimo e soprattutto molto meno ideale di quanto si pensi (un giorno vi racconterò dello svelamento fisico degli atleti greci e della loro veridicità anatomica. Un documentario ha cambiato la mia visione dell'arte scultorea greca).

ho scelto il dettaglio del polpaccio, perché anni fa discutendo con cavallerizzi e allenatori sportivi si ragionava proprio sulla grandezza dei polpacci per riconoscere il cavaliere dal fante.


Quindi a una veloce analisi di una fonte, possiamo raccontare un'immagine almeno sotto 9 aspetti, coinvolgendo più tecnici di varie arti (senza contare che a loro volta gli esperti possono coinvolgerne altri).
E questo vale per ogni fonte che un rievocatore si trova davanti, perché alla fine mi sono resa conto che quando entri nel vizioso circolo della rievocazione, puntando alla ricostruzione e alla sperimentazione, non riesci più a guardare quello che ti trovi davanti con un solo occhio: molteplici racconti ti si aprono di fronte se si vogliono ascoltare tutti. A volte si sceglie di seguirne uno solo per comodità o per interesse.


giovedì 9 maggio 2013

Soddisfazione ed emozione

Scusatemi sin dall'inizio se questo post sarà un po' emotivo e sdolcinato, ma ogni tanto capita di potersi fermare e guardare con occhio soddisfatto il proprio lavoro, personale e di squadra.
Sabato e domenica con la Mansio abbiamo fatto un servizio fotografico con il fotografo Camillo Balossini che conosciamo da 3 anni e con cui abbiamo già avuto occasione di lavorare e di farci fare delle foto.
Di solito però eravamo in rievocazione, coi tempi risicati, con le situazioni un po' ballerine, con l'attenzione altalenante perché tante sono le cose che devi gestire.
Questa volta invece ci siamo presi un fine settimana intero (in cui negli ultimi anni eravamo di solito impegnati in Francia, ma quest'anno La Barben è saltata lasciando noi e i Grifoni nella completa desolazione) e siamo andati al castello di Bardi.
Il risultato di due giorni di lavoro, risate, fatica, casse spostate a destra e a manca, vento e pioggia è stato veramente mirabile.
Lunedì quando Camillo ha postato su fb alcune foto, lo ammetto, mi sono venute le lacrime agli occhi.

Due cavalieri templari e il cappellano del Tempio

Sergenti templari in pausa
Vedere nero su bianco, o meglio colori su colori, e vedere come il nostro lavoro collettivo di ricostruzione e di sperimentazione abbia dato un risultato ottimo, esaltato dalla professionalità di un fotografo molto bravo, mi ha fatto capire tante cose:
-prima di tutto che non abbiamo sbagliato a fare quello che stiamo facendo;
-secondo che io non ho sbagliato a fare quello che sto facendo;
-terzo che malgrado il tanto lavoro che io credo si debba ancora fare, siamo arrivati a un buon punto di riferimento e le lodi che ci fanno non sono più per darci il contentino.
Sì, lo so, ho chiuso la modestia nel cassetto.
Lo ammetto.
Ne sono conscia e non mi interessa.
Le foto rivelano un gran lavoro.

Templari e Turcopoli che decidono la miglior strategia di battaglia

Turcopoli che difendono il castello dei franchi
Rivelano tutte le discussioni, i libri aperti e chiusi, gli errori corretti, gli oggetti rifatti.
Rivelano lo studio su quello che si trova, su quello che si deve capire, su quello che si deve intuire.
Rivelano le risate, le gite fuori porta, i tanti "secondo me".


taverna

angolo femminile e giovane ragazzo annoiato

infermeria del castello franco: il cappellano controlla il ferito e le donne, fra cui una suora, si danno da fare per curarlo.
Queste foto non sono né un inizio né una fine di un lavoro, sono solo un punto di intermezzo che di sicuro segna un punto importante nella storia del nostro gruppo.
Sono un bello stimolo.
Non è scontato il ringraziamento a tutti coloro che sono potuti venire a fare le foto, ma anche a quelli che non sono potuti esserci, ma che ogni volta che c'è da fare sono presenti col corpo e con la mente e danno il loro contributo.
Un grazie a Camillo Balossini che ci ha fatto queste e altre stupende foto e che le ha pubblicate immediatamente su fb il giorno dopo per colmare la nostra curiosità.
Aspettiamo di vedere le altre a tempo debito.