martedì 24 gennaio 2012

L' arciere questo sconosciuto

Prima di leggere guardatevi questo filmato. E' un po' lungo, ma capirete meglio la riflessione.


Il video, oltre a esser fatto con molta perizia e con tecnologia avanzata (qualità ottima che sarebbe bello avere per riprendere tutte le rievocazioni), è utile per comprendere una cosa che in gara mi sono persa: cosa passa per la mente all'arciere.

Invero non ho una risposta e sinceramente non ho intenzione di chiederla a loro, ma quello che mi ha stupito è quel momento di concentrazione che ognuno di loro deve prendere prima di tirare.
La posa, la gamba, essere mancini o meno, vestiti in un modo o nell'altro sono accessori.
Se non hai la mente il bersaglio non lo vedi o meglio non lo visualizzi, perché esso è primariamente dentro di te, poi se non lo prendi i fattori possono essere anche esterni a te.

E allora rifletto su quante differenze ci sono e ci sono state fra arcieri e fanti, fra fanti e cavalieri.
Sì, parlo proprio delle battaglie medievali (perché quelle mi interessano, lo sapete).

L'attenzione al proprio strumento è simile.
L'arciere doveva curare arco, corda e frecce non solo da danni improvvisi (un tiro di catapulta che ti spatascia potrebbe rientrare in questo ambito), ma soprattutto da quelli atmosferici: vento, pioggia, freddo e caldo. Ognuna di queste cose modificano il proprio mestiere.
Anche il fante lo fa e soprattutto il cavaliere che vede nel proprio armamento non solo il proprio status, ma la propria ragion d'essere e di vivere: l'armatura oliata e ben tenuta, le armi a posto sono possibilità di vittoria e di sopravvivenza.

Poi c'è l'inquadramento.
Ognuno di questi soldati ha un suo posto, un suo momento e ordini ben precisi da seguire.
Gli eroi valgono, ma fino a un certo punto e non è sempre una cosa positiva.

Quello che cambia è la mentalità.
Il cavaliere è un individuo; un essere che si ritiene superiore per status e per nascita: una macchina da guerra tirata su da bambino; un tutt'uno con un animale imprevedibile e maestoso come il cavallo; un uomo che deve dimostrare ogni volta il suo status. E fin tanto che non venne inquadrato in eserciti, tipo quelli monastici militari, questa sua individualità risultò essere un danno piuttosto che un utile. Gli ordini monastici militari hanno sfruttando tutto questo allenamento, diminuendo il potere individuale, creando un mix potenzialmente letale.
Il fante è un componente di un inquadramento. Il suo essere non professionista, a volte costretto, lo porta per forza a fare affidamento sul fante che gli sta a fianco. Si deve creare un legame che porta a sopportare le stesse difficoltà nello stesso momento, perché nel momento della battaglia, nello scontro diretto e frontale col nemico, ognuno di loro deve sapere che spalla tocca la propria.
L'arciere è solo con il proprio bersaglio. Raramente deve dimostrare il proprio status e tranne momenti di enorme difficoltà, in cui l'arco viene sostituito da altre armi, egli non può far altro che contare sulla propria concentrazione e sul proprio braccio. Sembra facile detto cosi...

Se ci mettiamo nei panni di queste tre figure di soldato, ci si rende conto che il momento prima dell'inizio della battaglia, il silenzio del campo non viene rotto dai pensieri che frullano nella mente di ognuno, ma viene scandagliato dagli sguardi, perché ognuno di loro sa:
di dover far affidamento sul proprio allenamento;
di poter far affidamento sulle proprie armi;
e infine sperare di poter far affidamento sul proprio vicino.

Fare rievocazione permette davvero di capire tutto ciò?
Forse.

Anzi no.

Puoi avere solo l'adrenalina che il fisico produce per lo sforzo fisico.
Se fai affidamento in formazione, come fante, al tuo vicino è perché speri di divertirti il più possibile in battaglia e, se è un amico, di poter ridere con lui delle vostre reciproche azioni.
Se sei un arciere non andrai mai a bersaglio umano per paura di far male.
Al rievocatore per fortuna manca quel senso di ... vuoto ... paura ... annullamento che probabilmente il soldato provava nel momento in cui si lanciavano i dadi della sua vita.

Però provare a ricreare le emozioni del passato sono una delle cose che più mi incuriosisce della mia passione.

lunedì 23 gennaio 2012

Sono Pazzi Questi Arcieri!

Di solito in inverno i gruppi di rievocazione tendono a rimanere al caldo, a ritemprarsi dalle fatiche dell'anno, a costruire armamentari nuovi e/o vestiti nuovi o altre amenità del genere. Insomma il rievocatore medio è un animale da letargo.
Ieri ho scoperto che la variante arciere invece trova assolutamente divertente e stimolante ritrovarsi per gare invernali nel periodo più freddo dell'anno. Ho però il sospetto che sia una bieca scusa anche per ridere e mangiare come chissà...

Io non sono un arciere e non ho mai pensato di diventarlo. Insomma...sì...Robin Hood lo adoro, da bambina ho sognato di essere o fare come lui, ma il CLANG della spada contro l'altra e le smelle che si producono provocano una sensazione che il WHOSH della freccia nell'aria non può provocare.
Sono un fante pesante...terza linea, ma fante pesante.

Questo fine settimana passato però è stato divertente e rilassante, per quanto non fossi nel mio ambiente e conoscessi poche persone. Eppure...ci si guarda in faccia e si riconoscono vecchi amici, si rincontrano compagni di rievocazioni, si conoscono finalmente persone che feisbuck ti ha fatto conoscere (e finalmente le guardi negli occhi per capire chi sono), se ne conoscono di nuove...e tutte hanno lo stesso sguardo che ti fa sentire a casa.
Per la sociologia ufficiale e impaludata questa si chiamerebbe una sottocultura.
Per il mondo ggiovane sarebbe un insieme di nerd.
Per me e gli altri...beh ci dispiace che voi siate normali.

Perché il rievocatore, sperimentatore, archeologo o meno, storico o meno, trafficone, artigiano, di città o di montagna, uomo o donna, di periodi storici definiti o plurimi (tutte categorie assemblabili a caso o secondo un percorso ben definito) ha lo stesso sguardo curioso per ciò che lo circonda


trova affascinante qualunque oggetto naturale gli sia utile per la sua sperimentazione o ricostruzione, ringraziando l'amico che glielo ha procurato


quando si ritrova in gruppo è normale che sbuchi fuori un libro, fascicolo, documentazione, fogli vari ed eventuali, per controllare l'ultimo ritrovamento archeologico o confrontare l'ultima ricerca fatta


oppure si metta a costruire o a dare una mano a risistemare la strumentazione dell'amico o collega


oppure chiacchiera di storia, spaziando nel tempo e nello spazio


Ma quando il gioco si fa duro e le decisioni prese, chi c'è c'è. Gara, rievocazione, sperimentazione hanno luogo indipendentemente dal luogo e dal tempo, anzi a volte le avversità climatiche ti spingono a fare domande che non ti eri posto prima, ti spingono a forzare la tua forza di volontà o solo quella fisica.



beh un aiutino moderno aiuta... Un grazie a tutti coloro che hanno portato viveri caldi e riscaldanti che hanno permesso anche a me di non congelarmi del tutto. E soprattutto bella la condivisione tranquilla e umana. 





Grazie a tutti quelli che mi hanno accettata con un sorriso o solo con una chiacchiera.
Una pattona al mio ex Liberto (ricordati che ti ho venduto al Frate).
Grazie alla Sagitta Barbarica, a Nonno, a Mirco, a Monica e Sergio, a Moreno e Alessandra, al Mago e a tutti gli altri per il bel fine settimana di riposo, ma noi non tanto; per avermi fatto vedere meglio il "mestiere" dell'arco; per le risate; per gli spunti di domande; e per tanto altro ancora.
Vediamo cosa il futuro ci riserverà.

giovedì 12 gennaio 2012

Sindrome di perdita di controllo di fronte a tanta meraviglia

Chi mi conosce lo sa: ho un solo e e autentico amore. Quello per i libri.
Questo post è solo per portarvi a vedere quanto di questo amore è stato fotografato, divulgato e condiviso.

Buon anno con il mio solito e normale ritardo (tanto nel medioevo il primo dell'anno non era il 1 gennaio).